lunes, 3 de febrero de 2014

AMANDA SI MOBILITA PER UN ITALIANO CONDANNATO NEGLI USA



Nelle ore in cui a Firenze si aspettava la sentenza della Corte di Appello sulla sorte di Amanda Knox e Raffaele Sollecito, un piccolo gruppo di persone ha tentato di attirare l'attenzione su un caso che potrebbe apparire speculare, avvenuto qui negli Usa. La differenza è che l'imputato finito dietro le sbarre è un nostro concittadino, Enrico "Chico" Forti.
IL CAMPIONE
Un trentino ex campione di windsurf, Forti è stato condannato all'ergastolo in Florida nel 2000 per l'omicidio di Dale Pike, un australiano di 42 anni. Forti, confortato da un crescente numero di sostenitori, non ha mai smesso di dichiarare la propria innocenza e la criminologa italiana Roberta Bruzzone, che ha studiato il caso a fondo, assicura che il processo fu una «vicenda di palese ingiustizia».
LA FONDAZIONE
Lo sviluppo interessante per il futuro di Forti è che uno dei suoi sostenitori più accaniti è proprio Amanda Knox. La ventiseienne di Seattle si è dedicata a difendere e sostenere cause che assomigliano alle sue. Anzi, era deciso che sarebbe diventata la testimonial di un'associazione che lotta per difendere persone che sembrano essere state imprigionate ingiustamente. L'associazione si chiama "Judges for Justice". E' stata fondata dal giudice Michael Heavey, amico della famiglia Knox, e riunisce ex giudici che cercano di riparare casi di apparente ingiustizia. Amanda si è già mossa in difesa di una ragazza canadese, Nicole "Nyki" Kosh, condannata per omicidio a Toronto nel 2007 in un caso che vari analisti indipendenti hanno definito polemicamente «la morte del ragionevole dubbio».
IL LEGALE
Per noi italiani comunque il caso più appassionante è quello di Forti. E se Amanda sente un parallelo fra il suo destino e quello del trentino è comprensibile: anche Forti ha commesso il grave errore di mentire nelle prime fasi dell'inchiesta. Peggio: il suo avvocato non lo ha neanche fatto testimoniare, nella convinzione che quella prima bugia -aveva negato di aver incontrato la vittima la sera dell'omicidio - avrebbe screditato le sue parole. Il trentino sostiene che tutta la costruzione del processo contro di lui è scattata perché la polizia della contea Dade, di Miami, voleva punirlo per aver insinuato sospetti circa un'altra inchiesta, quella sulla morte di Andrew Cunanan, il serial killer colpevole di aver ucciso Gianni Versace. Cunanan fu trovato morto su una casa galleggiante di Miami, e il verdetto fu che si era suicidato. Forti ha invece sostenuto che ci sono prove che era stato ucciso e poi trascinato sulla barca. E che l'omicidio era stato commesso allo scopo di insabbiare l'indagine sull'omicidio di Versace stesso. Che nel comportamento della polizia della Florida contro Forti ci siano stati o no questi oscuri motivi è difficile provarlo.

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